Non erano né veronesi né friulani. Non erano e basta
Romeo... parcè sestu Romeo... refude il to non... dice Giulietta, anzi Giuliute, a Romeo.
Ma perché in friulano?
Una suggestiva ipotesi, suggerisce l'origine friulana dell'immortale opera di Shakespeare.
La vicenda di Giulietta e Romeo si perde nella notte dei tempi, addirittura nella mitologia.
La storia è arrivata ai nostri giorni attraverso stratificazioni successive con varianti in cui risulta difficile individuarne la nascita e la paternità.
Ecco un elenco delle principali versioni del racconto a cominciare da Ovidio.
Nelle sue "Metamorfosi" si narra del mito di Piramo e Tisbe. Una storia che ha molte analogie con quella di Giulietta e Romeo.
È dimostrato che Shakespeare conosceva Ovidio e le Metamorfosi. Infatti nel "Sogno di una notte di mezza estate" viene recitata, quale inserto metateatrale, la storia di Piramo e Tisbe. Quindi non è difficile ipotizzare che Shakespeare abbia tratto da Ovidio lo spunto per elaborare la sua opera più celebre.
Ma perché i portagonisti si chiamano Giulietta e Romeo? Ci torneremo più avanti.
Proviamo intanto a seguire un altro percorso.
Nel 1476 viene pubblicato postumo "Il Novellino" un libro di novelle di Masuccio Salernitano (1410 - 1475). In un racconto del Novellino si narra di Mariotto e Giannozza da Siena. Nei due protagonisti sono rintracciabili le figure di Priamo e Tisbe di ovidiana memoria. Nella novella del Masuccio le analogie con la tragedia di Shakespeare sono evidenti. Variano solo i nomi e qualche dettaglio.
Nel 1531 appare postuma la "Historia novellamente ritrovata dei due nobili amanti..." del vicentino Luigi Da Porto (1485 - 1529). Anche qui si può pensare che Da Porto si sia ispirato al Masuccio, a Ovidio o a entrambi. Con Da Porto nasce l'ipotesi dell'origine friulana della storia.
Nel 1544 Matteo Bandello (1485 - 1561) amico di gioventù di Luigi Da Porto (conosciutisi a Urbino) pubblica "La sfortunata morte di due infelicissimi amanti che l'uno di veleno e l'altro di dolore morirono, con vari accidenti". Le novelle di Bandello, divenuto vescovo di Agen in Francia, furono tradotte in francese da Pierre Boisteau.
Nel 1562 Arthur Broocke traduce in inglese dal francese la novella nel poema di 3020 versi "The tragical Hystorye of Romeus and Juliet".
Nel 1569 anche William Painter tradusse e pubblicò in Inghilterra la novella assieme ad altri racconti nel "Palazzo del piacere".
Nel 1578 Luigi Groto scrive l' "Adriana" che contiene frasi e immagini molto vicine al lavoro di Shakespeare.
Nel 1590 Lope de Vega ripropone il tema della "morta viva" con "Castelvines y Monteses". I suoi protagonisti si chiamano Roselo e Julia. La storia si conclude con un lieto fine.
Siamo nel 1595 (per certi storici il 1591) quando Shakespeare presenta la prima versione della tragedia con il titolo "An excellen conceited Tragedie or Romeo an Iuliet".
Negli anni successivi altre versioni "rivedute e corrette" furono proposte da Shakespeare.
È noto che Shakespeare era un plagiario, un geniale plagiario. Va notato che la ridondanza di fonti a cui attingevano gli scrittori di una volta dimostra che non esisteva nessuna preoccupazione per l'originalità delle storie. Non esistevamo né diritti d'autore né la SIAE a disturbare le loro scopiazzature.
Ma parliamo della tragedia di Shakespeare. La vicenda è ambientata a Verona nel 1303. Già Dante nella Divina Commedia scriveva "Vieni a veder Montecchi e Cappelletti".
Shakespeare, con questa tragica storia d'amore e di morte supera largamente la grossolanità delle versioni precedenti.
Il racconto viene portato ad un raffinato lirismo, ad una poesia che oltrepassa il tempo e lo spazio. La purezza dei sentimenti dei due quindicenni veronesi tocca il cuore e commuove da sempre.
Ma quei due erano proprio veronesi? Non erano forse friulani? This is the problem (...restiamo con Shakespeare).
Luigi Da Porto, il nostro uomo chiave, scrive la novella nel 1526 ma la pubblicazione è postuma (nel 1531) due anni dopo la morte dell'autore. Nel 1539 apparve un'altra versione con il titolo "La Giulietta".
Il Da Porto era un nobile vicentino, vissuto da giovane per alcuni anni alla corte di Guidobaldo da Montefeltro a Urbino.
È importante ricordare che Luigi Da Porto era nipote di Antonio Savorgnan.
Dopo varie vicissitudini nel marzo del 1510 si trova a Gradisca d'Isonzo agli ordini di Alvise Dolfin. In Friuli compie varie imprese belliche con esiti positivi.
Nel febbraio del 1511 è a Cividale. Sollecitato dallo zio, Antonio Savorgnan, si spinge a Udine. Qui si trova coinvolto nella “joiba grassa”. Queste faide cittadine provocano molti morti.
Il 18 giugno dello stesso anno viene ferito alla gola presso il Natisone e rimane paralizzato. E' costretto ad abbandonare il mestiere delle armi.
Muore a Vicenza nel maggio del 1529.
Le sue "Lettere storiche" (postume, 1832 - 1837) sono la fonte più sicura per le notizie su di lui.
Il racconto "Historia novellamente ritrovata..." è introdotto da una dedica rivolta a Lucina Savorgnan, cugina dell'autore. In questa dedica compare un narratore di nome Peregrino da Verona, arciere di cinquant'anni, che accompagna Luigi Da Porto nel suo viaggio da Gradisca a Udine.
Si legge che Peregrino vuole consolare Luigi per un suo amore nato in Friuli che però non sembra corrisposto.
È possibile che con questa dedica il Da Porto voglia suggerire al lettore la presenza di due storie parallele. Quella di Giulietta e Romeo e la storia dell'amore dello scrittore per una donna, ovviamente friulana.
Secondo alcuni ricercatori questa donna poteva essere proprio la cugina Lucina a cui viene dedicata la novella.
Sempre secondo alcuni studiosi il nome di Giulietta, assegnato alla protagonista del racconto, deriverebbe da Forum Julii, l’antico nome di Cividale e poi del Friuli, ove risiedeva la giovane amata dal Da Porto. Il nome di Romeo starebbe ad indicare il romeo, il pellegrino, il forestiero quale era Luigi Da Porto in Friuli. L'autore, per rispetto della “privacy”, avrebbe cambiato i cognomi e la città cogliendo il suggerimento di Dante.
Quindi, con la novella del Da Porto, i nomi dei protagonisti diventano Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi. I nomi dei due giovani saranno ripresi, con adattamenti linguistici locali, anche nelle successive versioni di altri autori, compreso ovviamente Shakespeare.